In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore senza diritto all’assegno di disoccupazione. E’ quanto previsto dalla bozza del disegno di legge Lavoro. L’obiettivo della disposizione è evitare, in primis, il versamento da parte dell’imprenditore del ticket di licenziamento. Altro scopo è tutelare lo Stato dall’esborso di provvidenze pubbliche, inducendo i lavoratori dipendenti a non conseguire illegittimamente l’indennità NASpI.
Il Decreto lavoro (D.L.48/2023) contiene una misura per certi versi attesa, che dovrebbe porre fine ad una prassi sempre più diffusa tra i lavoratori dipendenti, ossia alla tendenza di evitare le dimissioni volontarie facendosi licenziare in seguito ad assenza ingiustificata, per avere accesso alla NASpI.
Assenza ingiustificata e accesso alla NASpI
Il dipendente che non si presenta più al lavoro, senza inoltrare certificati di malattia o valide giustificazioni, impone all’azienda di avviare la procedura di licenziamento prevista dallo Statuto dei lavoratori:
– contestazione di addebito disciplinare;
– richiesta di motivazione scritta nei 5 giorni successivi;
– intimazione del licenziamento.
Tutto ciò innesca un meccanismo che porta ad un aumento dei costi per il datore di lavoro (tra cui il versamento all’INPS del ticket NASpI, il cui massimale per l’anno 2023 è pari a 1.809,30 euro).
Questa tipo di situazione per l’azienda non è una novità .
Il Tribunale di Udine, con la sentenza n. 20 del 27 maggio 2022, ha affermato che assentarsi dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione, per indurre il datore di lavoro ad adottare un licenziamento per assenza ingiustificata, è da censurare. Tale comportamento integra la fattispecie delle dimissioni per facta concludentia, anche senza il rispetto della procedura telematica.
Disegno di legge Lavoro – cosa prevede
La situazione, oggi, pare essersi capovolta. Il legislatore, con il Ddl in esame, sembra andare in aiuto al datore di lavoro (ma anche alle casse dell’INPS stesse).
D.Lgs. n. 151/2015, dopo il comma 7, viene inserito il seguente comma: “7-bis. In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo”.
In sintesi, se un Lavoratore è assente dal lavoro per 6 giorni, senza giustificazione, il Ddl prevede che il suo rapporto di lavoro si consideri automaticamente risolto per dimissioni volontarie. Con l’effetto che Lavoratore non potrà ottenere l’assegno di disoccupazione.
Naturale conseguenza di questo “automatismo” sarebbe quella di evitare, in primis, il versamento da parte dell’imprenditore del “ticket di licenziamento”.
Altro scopo, importante, dell’intervento normativo, sarebbe quello di tutelare lo Stato dall’esborso di provvidenze pubbliche, inducendo i lavoratori dipendenti a non conseguire illegittimamente l’indennità NASpI, riconosciuta nella sola ipotesi di perdita dell’occupazione involontaria e che, pertanto, non viene corrisposta laddove la disoccupazione non sia tale.